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domenica 13 maggio 2012

Arco e bersaglio
Dalle "Memorie di Adriano", di Margherita Yourcenar, 1951.
"Vissi laggiù tutta un'epoca di esaltazione straordinaria, dovuta in parte all'influenza d'un gruppo di luogotenenti che avevo intorno; essi, dalle più remote guarniglioni d'Asia, erano venuti a conoscenza di strane divinità. Il culto di Mitra, che allora era meno diffuso di quel che non sia divenuto dopo le nostre spedizioni contro i Parti, mi attirò qualche tempo con le esigenze di quell'arduo ascetismo, che tendeva duramente l'arco della volontà, con l'ossessione della morte, del ferro e del sangue, che elevava al livello di spiegazione del mondo i banali disagi della nostra esistenza di soldati.
Mitra uccide il toro.
Nulla poteva contrastare di più con le opinioni che cominciavo a formarmi sulla guerra; ma quei riti barbari, che creano tra gli affiliati legami di vita e di morte, lusingavano le fantasticherie più recondite d'un giovane impaziente del presente, incerto dell'avvenire, e proprio per questo accessibile agli dèi. Fui iniziato in una torre di legno e di canne in riva al Danubio, fu mio padrino Marcio Turbo, un compagno d'armi. Ricordo che il peso del toro agonizzante fu lí lí per far crollare il pavimento a graticci sotto cui stavo per ricevere l'aspersione di sangue.


In seguito, ho riflettuto ai pericoli che possono rappresentare per lo Stato, sotto un Principe debole, siffatte società segrete, e ho finito per infierire contro di esse, ma confesso che quando si è in presenza del nemico esse conferiscono agli adepti una forza quasi sovrumana. Ciascuno di noi era convinto di sfuggire ai limiti angusti della propria condizione umana. Quei sogni bizzarri, che a volte oggi mi sgomentano, non differivano poi profondamente dalle teorie di Eraclite sull'identità dell'arco e del bersaglio. Allora, mi aiutavano a tollerare la vita. La vittoria e la sconfitta si mescolavano, si confondevano, erano raggi diversi di una stessa luce solare. 

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