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mercoledì 18 luglio 2012

Punto improprio e occhi della mente.
"Le rette parallele sono quelle che non si incontrano mai", ci insegnavano a scuola.

Una mattina del 1968, mentre attraversavo Viale Regina Margherita (zona di Vitaliano Brancati e di Ettore Majorana), sulle striscie pedonali mi resi conto che ci avevano raccontato delle balle.

 
 
Nella mente mi ero tracciato il disegnino sotto.
Io ero di fronte a Sara e pensavo: "Se Sara corresse lungo la retta di fronte, man mano che raggiunge i punti "S1", "S2", "S3", l'angolo "X-Io-Sara" diminuirebbe e, se Sara andasse all'infinito, finirebbe per annullarsi e ci ritroveremmo entrambi sulla stessa retta". Quando arrivai a scuola cercai la prof di Mate. Lei mi guardò strano, poi mi liquidò: "E' vero, ma queste cose te le diranno all'Università".  

Quel giorno la Scuola mi deluse, avrei preferito mi avessero detto subito la verità: magari quell'idea avrebbe potuto cuocere nella mia mente già da quando avevo nove anni.

Le soluzioni migliori non sono spesso quelle più evidenti. Per trovarle bisogna a volte usare gli occhi della mente, rigettando quelle apparentemente più immediate. Quando si pensa per sé non bisogna pensare, solo e completamente, per se stessi, bisogna pensare anche agli altri.
L'impoverimento della classe media in Europa negli ultimi vent'anni deve mettere in allarme.
I super/super/ricchi possono star bene solo se le condizioni di vita della società in cui vivono sono accettabili per la gran parte della popolazione, altrimenti saranno prigionieri dei loro stessi eden.
Mi è capitato di soggiornare in dei 5 stelle a Mumbai, Delhi o Jakarta. Superlussuosi dentro a cui, però, potevo accedere solo attraversando la disperazione: cioè slums, effluvi pestilenziali, sguardi selvatici e sgomenti e tanta, tanta, miseria.
A questo punto siamo arrivati a Vilfredo Pareto e a un precedente: le inascoltate proteste in Russia del 1905 e del 1917. Quell'arrogante mix di cecità e sordità della classe dominante portò al comunismo e ai disastri che sappiamo. Ma questa... sarà  storia di un altro giorno.

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