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martedì 19 giugno 2012

Stranieri secondo Rousseau
"...questo figlio di orologiaio esprime, secondo Bronislaw Baczko, il "sentimento lacerante di sentirsi straniero nel mondo in cui si vive" e interiorizza l'alienazione sociale che avverte nel profondo per strutturare la sua visione critica del mondo...".
Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712 - Ermenonville 1778)
Rousseau.
Vagabondo e apostata, intellettuale ai margini, che rinuncia alla cittadinanza ginevrina dopo la censura dell'Emilio  e del Contratto sociale  nella sua città, padre indegno che abbandona i suoi bambini all'"hôpital general", filosofo in soffitta in rotta con la mondanità, misantropo prima della morte, incarna la nuova sensibilità, l'individualismo che dopo il 1760 manda in  frantumi le pesantezze comunitarie, le catene sociali, dell'epoca.
Per i Girondini è l'apostolo della moderazione, per i Giacobini l'inventore della radicalità.

Voltaire e Rousseau.
Innamorato del teatro, Voltaire ama il lusso che ritiene un fattore di progresso.
Ostile alla commedia, incompatibile con lo spirito repubblicano, Rousseau ama la semplicità puritana di un ritorno alla Natura come idealizzazione della saggezza filosofica.
Voltaire è immensamente ricco.
Rousseau vive miseramente copiando musica.
Ciò nonostante, malgrado le diverse esistenze e le rivalità lettterarie, incarnano entrambi le potenzialità degli individui che aspirano alla superiorità morale per pensare e per provare a cambiare il mondo.

fra le diverse fonti, l'articolo "Rousseau, autodidatta dell'Illuminismo"
intervista di Sergio Caroli al professor Michel Porret, Università di Ginevra
Corriere del Ticino, martedì 19 giugno 2012
http://www.cdt.ch/

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