Don Sebastiano Arena e il generale Bellodi, in quel di Montallegro, parlano di Sicilia. Un omaggio a Leonardo Sciascia.
Sicilia |
Cap. 8 "Kaos"
(Scena:
In auto, sulla SS 115 fra Montallegro e Porto Empedocle; Tempi:
attuali; Personaggi: il generale Bellodi (il capitano Bellodi... (ormai
in pensione) di Leonardo Sciascia ne "Il giorno della civetta") e Don
Sebastiano Arena ("nipote immaginario" di Don Mariano Arena).
Il mare era verdissimo, il cielo blu lapislazzulo, il
sole inavvicinabile. Le nuvole, adagiate sull’orizzonte, ricordavano
ciuffi di gelato al limone. Calde folate di macchia mediterranea
spandevano sinfonie di profumi per la campagna. «Bene» fece il Generale «il mare nostrum oggi è bellissimo. Da qui son passati in tanti, eh? Shekelesh, fenici, greci, cartaginesi, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi, angioini, spagnoli» poi si fermò un attimo e aggiunse con amara ironia, scuotendo la testa «…e gli italiani».
«Sì» fece don Sebastiano «tanti popoli, ma nessuna Nazione».
Il Generale si aspettava quella risposta: «Sì, signor Arena, lei ha proprio ragione, ne sono convinto anch’io».
Don Sebastiano lo fissò negli occhi: «Neanche gli ultimi arrivati, i piemontesi, sono riusciti a costruirla, ma come potevano? Erano troppo occupati a rubare, corrompere, massacrare, intrallazzare con i mafiosi, cancellare la memoria e inventarsi leggi inique tagliate su misura per i "liberati" delle due Sicilie. I Savoia cominciarono la loro avventura di reali d’Italia con ottusità e ferocia per concluderla, ottant’anni dopo, in un’ignobile giornata di settembre, scappando con inqualificabile vigliaccheria, fottendosene di milioni e milioni di soldati al fronte e di tutti gli italiani in generale».
Il Generale abbassò gli occhi.
«Calati iuncu, ca passa la china. Al popolo, come nei millenni precedenti, non rimase altro che chinare il capo. A volte, mi creda, mi sento come uno cheyenne dopo il Sand Creek».
Don Sebastiano lo fissò negli occhi: «Neanche gli ultimi arrivati, i piemontesi, sono riusciti a costruirla, ma come potevano? Erano troppo occupati a rubare, corrompere, massacrare, intrallazzare con i mafiosi, cancellare la memoria e inventarsi leggi inique tagliate su misura per i "liberati" delle due Sicilie. I Savoia cominciarono la loro avventura di reali d’Italia con ottusità e ferocia per concluderla, ottant’anni dopo, in un’ignobile giornata di settembre, scappando con inqualificabile vigliaccheria, fottendosene di milioni e milioni di soldati al fronte e di tutti gli italiani in generale».
Il Generale abbassò gli occhi.
«Calati iuncu, ca passa la china. Al popolo, come nei millenni precedenti, non rimase altro che chinare il capo. A volte, mi creda, mi sento come uno cheyenne dopo il Sand Creek».
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